A voi..
Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato lamia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto.
Il decode giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata.
Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà prsente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola.
Le dico che abitavo proprio lì.
Lei ammutolisce di nuovo.
Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio.
Le racconto del centro militarizzato.
Le racconto che non posso andare a csa mia quanod voglio.
Le racconto che, però i ladri ci vanno indisturbati.
Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire.
Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l' Ici e i mutui sulle case distrutte.
E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla.
Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta.
Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile.
Che lo Stato non versa ai cittadini senza casa ( ben ventisettemila 27.000 ) neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo. Che io pago, in un paesino di cinquescento anime, quanto Bertolaso pagava per un' appartamento in via Giulia a Roma. La sento respirare pesantemente.
Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso.
Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz' anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar.
Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri.
Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo.
Le racconto di una città che muore.
E lei mi risponde, con la voce che le trema: " Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo. " Loro non scrivono. Voi fate girare.
Una cittadina de l' Aquila